Favola della Botte
Posted by Paolo su 30 agosto 2015
Jonathan Swift, compose a partire dal 1697 il suo scritto dal nome : “A Tale of a Tub“, una simpatica e quanto mai realistica allegoria dei suoi tempi, perfettamente esportabile e condivisibile anche oggi a distanza di oltre 300 ANNI.
Mi sono permesso di fare un breve riassunto dalla Prima parte, che ho trovato interessante, spassosa e come già scritto… molto attuale.
Chi avrà la voglia e la pazienza di leggerla, spero ne trovi un sicuro piacimento. Buona lettura!
Favola della botte (Jonathan Swift, 1697) Prima parte
C’era una volta un uomo che aveva avuto tre figli dalla stessa moglie; essi erano nati insieme per cui non era lecito sapere chi di loro fosse il primogenito. In punto di morte il padre convocò i tre figli al capezzale per dettargli le ultime volontà.
Lui non aveva accumulato nessuna ricchezza in vita e quello che gli lasciava erano solo tre abiti, uno per ciascuno; nel testamento aveva previsto tutte le istruzioni su come indossarli e conservarli e aveva previsto una serie di sanzioni per ogni trasgressione e negligenza. Inoltre, il padre, aveva previsto che i figli vivessero insieme, come fratelli e amici; poco dopo spirò.
Una volta effettuate tutte le operazioni per un bel funerale e la dovuta sepoltura, i tre si recarono in città; qui conobbero tre dame delle quali si innamorarono. Le tre donne ricambiarono il sentimento, ma posero degli ostacoli ai loro comportamenti; la loro natura di “campagnoli” contrastava con i comportamenti da cittadini e quindi gli fecero capire, che per conquistare i loro cuori, era necessario adeguarsi.
I tre non si fecero scrupoli e ben presto divennero dei perfetti cittadini: presero a bere, a bestemmiare e a fumare; picchiavano le guardie notturne, imbrogliavano i vetturini, discutevano di salotti dove non erano mai stati, sparlavano di duchesse a cui mai avevano rivolto la parola, parlavano male delle persone in loro assenza e in loro compagnia meledicevano quelle assenti.
Accadde, in quel periodo, che una nuova setta fece capolino e ben presto prese grande considerazione nelle famiglie benestanti. Si trattava delle nuove mode da seguire in ambito di vestiario e le tre dame, posero molta attenzione a queste indicazioni, obbligando i loro tre compagni a rispettarle nella maniera più assoluta.
Fu così che si diffuse in città la moda delle spalline con fiocchi; subito i tre fratelli posero mano al testamento del padre per cercare di capire se tali indumenti fossero a loro permessi. Nel testamento non si faceva alcun cenno alle spalline infiocchettate e allora uno dei fratelli che pareva il più erudito disse che andavano cercate nelle sillabe e poi unite. Anche questa seconda prova non dette il risultato cercato; fu allora detto che le parole dovevano essere nelle singole lettere messe insieme. Con questa combinazione non fu difficile trovare S-P-A-L-L-I-N-E C-O-N F-I-O-C-C-H-I e così le stesse furono definite come Volontà del padre e i tre fratelli le poterono sfoggiare.
Dopo poche settimane, da Parigi arrivò una nuova moda, quella delle passamanerie, ovvero delle bordure che servono per decorare e rifinire gli abiti; sarebbe stato scandaloso uscire per le vie cittadine senza sfoggiare tali rifiniture, ragion per cui i fratelli si misero a rileggere il testamento del padre per cercarvi i riferimenti. Anche in questa circostanza non fu trovata traccia nel testamento scritto e allora lo stesso fratello erudito fece notare che oltre a questo esisteva anche un testamento orale, detto nuncupativo e sulla base di questo gli pareva di ricordare una circostanza; da ragazzo aveva sentito dire da un tizio che aveva sentito dire un servo che aveva udito dal loro padre, che consigliava la passameneria ai figli per decorare gli abiti. Anche gli altri due fratelli si ricordarono di quella situazione e questo sancì il ricorso alla decorazione degli abiti.
Qualche tempo dopo venne di moda una raffinata qualità di raso color fiamma e subito iniziarono le ricerche sul testamento. Fu trovato un riferimento del padre che esortava a porre attenzione ad andare a letto senza aver prima spento le candele, però quel riferimento non fu considerato valido ai fini della questione. L’erudito a quel punto si ricordò di aver letto dei testamenti in cui si allegava un codicillo che di fatto faceva parte delle volontà espresse; il fatto che il testamento del padre ne fosse sprovvisto, mostrava quindi che il documento non fosse completo, ragion per cui si provvide a ultimarlo. Fu così aggiunto un rotolino in pergamena in cui si concedeva di utilizzare tale raso color fiamma e fu quindi possibile indossarlo.
L’inverno seguente un attore molto famoso si mostrò tutto ricoperto di frange d’argento e stavolta consultando il testamento, fu trovato uno specifico riferimento che però di fatto vietava l’uso di tali accessori sui loro abiti. Dopo le dovute ricerche, l’erudito fece notare che un certo Autore utilizzava la parola “frangia” per significare “scopa”. Uno dei fratelli fece notare che però in tal caso, risultava poco accettabile a causa del termine “argentata” che seguiva, ma l’erudito gli fece notare che questo andava inteso in senso mitologico e allegorico. L’altro fratello, allora, obiettò chiedendo perchè il padre avrebbe dovuto vietare di cucire una scopa sui loro vestiti, situazione alquanto improbabile e grottesca. Qui, l’erudito zittì il fratello, dicendo che aveva un modo di parlare irriverente verso le volontà del padre e non andava indagato oltre. Tutto questo servì a pemettere d’indossare le frange argentate sui loro abiti.
Poco tempo dopo venne rilanciata una vecchia moda ormai in disuso: quella di ricamare figurine indiane di uomini, donne e bambini. Su questo argomento tutti e tre si ricordarono bene come loro padre avesse sempre aborrito una simile moda e come ne avesse scritto dimostrando la sua più completa avversione. Il problema fu superato facendo notare che le figurine a cui si riferive il padre, nel frattempo si erano mutate e non erano affatto somiglianti a quelle a cui si era fatto riferimento nel testamento. Convenirono nel giudicare che quelle clausole che il padre aveva posto, andavano esaminate con un po’ di flessibilità e una interpretazione favorevole.
Queste ultime considerazioni, portarono i tre a decidere di chiudere a chiave il testamento in una cassaforte e di riferirsi al suo contenuto, solo ogni qual volta lo ritenessero opportuno.
La successiva moda dei merletti, fu subito giudicata come Volere paterno, senza neppure consultare il testamento, e così via per altrettante situazioni.
Il fratello istruito, nel frattempo, era stato riconosciuto come uno dei maggiori studiosi nell’arte dell’interpretazione degli scritti e per questo ottenne il favore di un grande Signore che lo accolse nella sua casa per fargli da insegnante ai suoi figli.
Quando il Signore morì, l’erudito grazie all’esperienza acquisita, escogitò il modo di inventare un atto di cessione che assegnasse a se stesso e ai suoi eredi l’abitazione del Signore. Così ne entro in possesso, cacciò via i giovani figli del padrone e accolse nella stessa dimora i suoi due fratelli.
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