In un pomeriggio d’inizio primavera, con Fanny e Fausto sono andato alla “scoperta” della Grotta di Diana, in quel del comune di Mulazzo (MS). Senza l’aiuto di Fausto non l’avremmo mai trovata. Questa è la sua visione dal basso
Una parete rocciosa di natura sedimentaria torbiditica (Flysch), completamente “sblocchettata” con una serie di discontinuità (fessure) verticali molto persistenti (percorrono la roccia nel profondo). Insomma una parete verticale che se fosse in aderenza ad una viabilità, sicuramente, l’avremmo già bonificata con operazioni di rimozione dei blocchi instabili e saldature alla roccia integra di quelli non completamente pericolosi. Invece, è in quella posizione da millenni… e se la osserviamo da un’altra direzione…
ci rendiamo conto che è qualcosa di molto interessante. L’accessibilità non è semplice; qualcuno ci ha posizionato (da tempo remoto), una passerella su piccoli tronchi di alberi, ormai in stato di marciume. Non è un passaggio da fare con spensieratezza; piuttosto abbiamo prestato attenzione e siamo giunti all’entrata.
Chi scrive, può considerarsi un estremo dilettante in fatto di archeologia e quello che vado a riportare, potrà dagli addetti ai lavori, esser considerato come una serie di “bischerate a grappolo”; però sono le nostre impressioni raccolte nel sito. Innanzi tutto… la dimensione! Eh sì perchè avendo visto pochi giorni prima un documentario sulla Grotta di Chauvet, vero capolavoro di pitture rupestri della Francia, questa di Mulazzo mi è apparsa molto, ma molto piccola. Chiamarla grotta, poi, non ci è sembrato molto adatto e in questo giudizio, abbiamo inserito la nostra visione da geologi. Piuttosto una “Cavità“, creata dall’asportazione di un prisma di roccia (teoria di Fausto) o ammasso roccioso dovuto alla stabilizzazione di una vecchia frana in roccia; fatto sta che l’equilibrio della cavità è piuttosto critico e per accedervi è necessario prestare la massima attenzione. Una volta entrati (e bene farlo uno o due alla volta, non di più!), si presenta una stretto passaggio della larghezza di circa un metro e di altezza poco superiore, che si approfondisce orizzontalmente per pochi metri. Però una volta posizionati con comodità, quello da osservare è veramente grandioso; una miriade di incisioni, prevalentemente sulle due pareti verticali, dove appaiono serie di figure differenti e segni, per noi ignoranti, incomprensibili, ma affascinanti.
Il poco materiale attinente alla “grotta” rinvenuto sul web, data le incisioni al Mesolitico; questo intervallo di tempo si riferisce ai primi millenni dell’Olocene, ovvero 8000, 7000, 6000 anni addietro. L’amico Pietro, mi ha segnalato la seguente nota:
Da uno scritto di Riccardo Boggi: Alle spalle della chiesa di san Michele, un breve sentiero porta al crinale della collina dalla quale si domina l’alto corso della Magra. E’ un luogo di grande fascino per la sua collocazione strategica ed era ben noto alle antiche popolazioni Liguri Apuane che da un riparo naturale a strapiombo sulla valle potevano vedere il luogo di culto delle statue stele di Groppoli e quelli delle piane di Filetto e Filattiera. Il riparo naturale è noto con il nome di Tana della Diana, o Casa della Diana : reca incisioni preistoriche a forma di coppelle, croci, canalette che la popolazione locale interpretava come forchette e cucchiai e raccontava ai bambini essere la casa della Diana, che portava doni.